Sull'Insegnamento della matematica: Arnold
SULL’INSEGNAMENTO DELLA MATEMATICA
Vladimir Igorevič Arnol’d
Uspekhi Matematicheskikh Nauk (1998)
trad. inglese Viktor Goryunov,Russian Mathematical Surveys,
vol.53, n.1, 1998, pp.229-234
trad.it. Sandro Graffi in
PUNTI CRITICI N° 3 (MAGGIO 2000)
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La matematica è una parte della fisica. La fisica è una scienza sperimentale, parte delle scienze della natura.
La matematica è quella parte della fisica in cui le esperienze costano poco.
L’identità di Jacobi (che costringe le altezze di un triangolo ad incontrarsi in un punto) è un fatto sperimentale allo stesso modo in cui la terra è tonda (cioè omeomorfa a una sfera). Ma può essere scoperta con minor spesa.
Verso la metà del ventesimo secolo si provò a dividere fisica e matematica. Le conseguenze si rivelarono catastrofiche. Intere generazioni di matematici si formarono senza conoscere metà della loro scienza e, naturalmente, nella totale ignoranza di qualsiasi altra scienza. Cominciarono coll’insegnare la loro brutta pseudomatematica scolastica ai loro studenti, e poi agli alunni delle scuole (dimenticando il monito di Hardy che per la matematica brutta non c’è posto permanente sotto il sole).
Poiché la matematica scolastica tagliata fuori dalla fisica non è adatta né per l’insegnamento né per l’applicazione a qualsiasi altra scienza, il risultato è stato l’odio universale verso i matematici - sia da parte dei poveri alunni (alcuni dei quali divenuti nel frattempo ministri) che degli utilizza tori.
Un brutto edificio, costruito da matematici poco preparati portati all’esaurimento dal loro complesso di inferiorità e incapaci di familiarizzarsi con la fisica, ci fa venire in mente la teoria rigorosa assiomatica dei numeri dispari. Ovviamente è possibile creare questa teoria e fare sì che gli allievi ammirino la perfezione e la consistenza interna della struttura che ne risulta (in cui, ad esempio, si possono defInire somme di un numero dispari di termini e prodotti di un numero dispari di fattori). Da questo punto di vista settario i numeri pari potrebbero essere dichiarati un’eresia, oppure, col tempo, essere introdotti nella teoria alla quale si aggiungano alcuni oggetti “ideali” (per obbedire alle necessità della fisica e del mondo reale).
Sfortunatamente fu una brutta e contorta costruzione matematica come quella precedente a dominare per decenni l’insegnamen to della matematica. Originata in Francia, questa perversione si diffuse rapidamente nell’insegnamento delle nozioni fondamentali della matematica, dapprima agli studenti universitari, e poi agli alunni delle scuole di ogni ordine e grado (prima in Francia, e poi in tutti gli altri paesi, Russia inclusa).
Alla domanda “quanto fa 2+3 ?” un alunno di una scuola elementare francese ha risposto: “3+2, perché l’addizione è commuta tiva”. Non sapeva quanto faceva la somma e non arrivava a capire perché glielo si chiedeva!
Un altro scolaro francese (molto lucido, a mio parere) ha definito la matematica nel modo seguente: “c’è un quadrato, ma questo deve essere ancora provato”.
Giudicando dalla mia esperienza di insegnamento in Francia, l’idea della matematica degli studenti universitari (anche di quelli che hanno studiato all’ École Normale Supérieure - mi dispiace per quasi tutti questi ragazzi ovviamente intelligenti ma deformati) è scarsa proprio come quella dello scolaro .
Per esempio questi studenti non hanno mai visto un paraboloide e una domanda sulla forma della superficie defmita dall’equazione xy=z2 provoca lo stupore dei matematici che studiano all’ENS. Disegnare una curva definita da equazioni parametriche (come x=t3-t, y=t4_t2) nel piano è un problema totalmente impossibile per gli studenti (e, probabilmente, anche per la maggior parte dei professori di matematica francesi).
A partire dal primo libro di testo di calcolo infinitesimale di de l’Hopital (Calcolo per capire le linee curve) e grosso modo fino al trattato di Goursat, la capacità di risolvere questi problemi era considerata (assieme alla conoscenza delle tabelle delle moltiplica zioni) una parte necessaria dell’arte di ogni matematico.
Dei fanatici della “matematica astratta” con disturbi mentali buttarono fuori dall’insegnamento tutta la geometria (attraverso la quale ha per lo più luogo la connessione della matematica con la fisica e la realtà). I testi di calcolo infmitesimale di Goursat, Hermite e Picard sono stati recentemente mandati al macero dalla biblioteca per gli studenti delle Università di Parigi VI e VII (Jussieu) per ché obsoleti e pertanto dannosi (sono stati salvati solo per il mio intervento).
Gli studenti delI’ENS che hanno assistito a corsi di geometria differenziale e geometria algebrica (tenuti da matematici rispetta bili) si sono rivelati non a conoscenza della superficie di Riemann di una curva ellittica del tipo y2=x3+ax+b e nemmeno, in realtà, con la classificazione topologica delle superfici (e non si menzionano nemmeno gli integrali ellittici di prima specie e la proprietà di gruppo di una curva ellittica, cioè il teorema di addizione di Eulero Abel). Gli avevano insegnato solo le strutture di Hodge e le varietà di Jacobi!
Come è potuto accadere questo in Francia, che ha dato al mondo Lagrange e Laplace, Cauchy e Poincaré, Leray e Thom? Mi sem bra che una spiegazione ragionevole sia stata data da I. G. Petrovsky, che mi insegnò nel 1966: i matematici genuini non formano bande, ma i deboli ne hanno bisogno per sopravvivere. Essi possono mettersi insieme per i motivi più vari (potrebbero essere superastrattezza, antisemitismo o problemi “applicati e industriali”), ma l’essenza è sempre la soluzione di un problema sociale: la sopravvi venza in un ambiente più acculturato.
Tra l’altro, vorrei ricordare un monito di L. Pasteur: non ci sono mai state e non ci saranno mai “scienze applicate”, ci sono solo applicazioni delle scienze (e molto utili!).
A quell’epoca nutrivo qualche dubbio sulle parole di Petrovsky, ma ora sono sempre più convinto di quanto avesse ragione. Una parte considerevole dell’attività superastratta si riduce semplicemente alla spudorata industrializzazione della sottrazione delle scoperte ai loro scopritori e alla loro attribuzione sistematica ai loro epigoni-generalizzatori. Allo stesso modo in cui l’America non porta il nome di Colombo, i risultati matematici non portano quasi mai il nome dei loro scopritori.
Per evitare malintesi, devo notare che le mie proprie acquisizioni non sono mai state espropriate in questo modo per una qualche ragione ignota, sebbene ciò sia sempre accaduto tanto ai miei maestri (Kohnogorov, Petrovsky, Pontryaghin, Rokhlin) che ai miei al lievi. Il Prof. Michael Berry ha formulato una volta i seguenti due principi:
-Il principio di Arnold. Se una nozione porta un nome proprio, allora questo nome non è quello dello scopritore.
- Il principio di Berry. Il principio di Arnold è applicabile a se stesso.
Rivolgiamoci tuttavia all’insegnamento della matematica in Francia. Quando ero studente del primo anno alla Facoltà di Mate matica e Meccanica dell’Università di Stato di Mosca le lezioni di calcolo infrnitesimale erano tenute dal topologo insiemista L. A. Tu markin, che coscienziosamente ripeteva il vecchio classico corsò di scuola francese nella versione di Goursat. Ci diceva che si poteva no eseguire gli integrali di una funzione razionale lungo una curva algebrica se la superficie di Riemann corrispondente era una sfera e che, in generale, non si potevano eseguire se il suo genere era più alto, e che per la sfericità bastava avere un numero sufficientemen te grande di punti doppi sulla curva di dato grado (questo rende la curva unicursale; è possibile disegnare i suoi punti reali sul piano proiettivo con un solo tratto di penna).
Questi fatti catturano l’immaginazione a tal punto che (anche senza alcuna dimostrazione) danno un ‘idea migliore e più corretta della matematica moderna che interi volumi del trattato di Bourbaki. Infatti qui ci rendiamo conto dell’esistenza di una meravi gliosa connessione fra cose che sembrano completamente differenti: da una parte, l’esistenza di una espressione esplicita per gli inte grali e la topologia della superficie di Riemann corrispondente, e, dall’altra parte, fra il numero di punti doppi e il genere della su perficie di Riemann corrispondente, che inoltre si mostra nel dominio reale sotto forma di unicursalità.
Jacobi ha notato come proprietà maggiormente affascinante della matematica il fatto che una stessa funzione controlli sia la rap presentazione di un numero intero come somma di quattro quadrati che il movimento effettivo di un pendolo.
Queste scoperte di connessioni fra oggetti matematici eterogenei possono essere paragonate alla scoperta della connessione fra elet tricità e magnetismo in fisica o con la scoperta della somiglianza fra la costa orientale dell’America e la costa occidentale dell’America in geologia.
È difficile sovrastimare il significato emotivo sull’insegnamento di tali scoperte. Sono esse ad insegnarci a cercare e trovare simili meravigliosi fenomeni di armonia dell’universo.
La de-geometrizzazione nella formazione matematica e il divorzio dalla fisica recide questi legami. Per esempio, non solo gli stu denti ma tutti i geometri algebrici moderni ignorano l’affermazione di Jacobi qui menzionata: un integrale ellittico di prima specie esprime il tempo del moto lungo una curva di fase ellittica nel siste ma hamiltoniano corrispondente.
Rifrasando le parole famose sull’atomo e l’elettrone, si può dire che un’ipocicloide è cosÌ inesauribile come un ideale in un anello di polinomi.
Ma insegnare gli ideali a studenti che non hanno mai visto un’ipocicloide è altrettanto ridicolo come insegnare a sommare le fra zioni a bambini che non hanno mai tagliato (almeno mentalmente) un dolce o una mela in parti uguali.
Nessuna meraviglia che i bambini preferiscano sommare fra loro numeratori e denominatori.
Dai miei amici francesi ho sentito che la tendenza verso le gene ralizzazioni superastratte è un loro tratto nazionale. Non dissento completamente dall’ affermazione che potrebbe trattarsi di una ma lattia ereditaria, ma vorrei sottolineare il fatto che ho preso l’esem pio del dolce e della mela da Poincaré.
Lo schema costruttivo di una teoria matematica è esattamente lo stesso di una qualsiasi altra scienza naturale. All’inizio consideriamo alcuni oggetti e facciamo alcune osservazioni in casi speciali. Poi cerchiamo e troviamo i limiti di applicabilità delle nostre osservazioni, cerchiamo controesempi che potrebbero impedire l’esten sione non giustificata delle nostre osservazioni ad un insieme di eventi troppo vasto (esempio: il numero di partizioni dei numeri dispari consecutivi 1, 3, 5, 7, 9 in un numero dispari di addendi na turali dà la successione 1, 2, 4, 8, 16 ma poi viene 29).
Il risultato è che formuliamo la scoperta empirica da noi fatta (per esempio, la congettura di Fermat o la congettura di Poincaré) il più chiaramente possibile. Dopo di ciò viene il periodo difficile del controllo di quanto siano affidabili le conclusioni.
A questo punto è stata costruita una tecnica speciale in matematica. Questa tecnica è talvolta utile se
applicata al mondo reale, ma può anche essere talvolta illusoria. Questa tecnica si chiama modellizzazione.
Nel costruire un modello, si fa la seguente idea lizzazione: certi fatti, noti solo con una qualche probabilità
o con un qualche grado di precisione, si considerano “assolutamente” corretti e sono accettati come “assiomi”.
Il senso dell"‘assoluto" risiede precisamente nell’affermare che ci permettiamo di usare questi “fatti” secondo
le regole della logica formale, dichiarando"teoremi" tutto ciò che ne possiamo fare derivare tramite il proce
dimento logico.
È ovvio che in ogni attività quotidiana reale è impossibile basarsi totalmente su simili deduzioni. La ragione, quanto meno, è che i parametri dei fenomeni in istudio non sono mai noti con precisione assoluta e una piccola variazione dei parametri (ad esempio, le condizioni iniziali di un processo) possono alterare completamente il risultato. Per questa ragione, ad esempio, le previsioni metereologiche a lungo termine sono impossibili e rimarranno impossibili per quanto si costruiscano calcolatori sempre più potenti e apparecchi per registrare le condizioni iniziali sempre più accurati.
Esattamente allo stesso modo una piccola variazione negli assiomi (dei quali non possiamo essere completamente sicuri) potrebbe condurre a conclusioni completamente differenti da quelle ottenute tramite i teoremi dedotti dagli assiomi accettati. Più lunga e com plicata la catena delle deduzioni (“dimostrazioni”), meno affidabile il risultato finale.
Modelli complicati sono raramente utili (se non per coloro che vi scrivono dissertazioni).
La tecnica matematica della modellizzazione consiste nell’ignorare questi pasticci e nel parlare del vostro modello deduttivo come se esso coincidesse con la realtà. Il fatto che questo procedimento, ovviamente scorretto dal punto di vista delle scienze della natura, spesso porta a risultati utili in fisica porta il nome di «inconcepibile efficacia della matematica nelle scienze della natura» (o “principio di Wigner”).
Qui possiamo aggiungere un’osservazione di I. M. Gel’fand: esiste un altro fenomeno confrontabile nella sua inconcepibilità con l’inconcepibile efficacia della matematica in fisica notata da Wigner - cioè l’ugualmente inconcepibile inefficacia della matematica in biologia.
«Il sottile veleno della formazione matematica» (nelle parole di F. Klein) per un fisico consiste precisamente
nel fatto che il modello reso assoluto si separa dalla realtà e non vi si confronta più. Ecco un esempio
semplice: la matematica ci insegna che la soluzione del l’equazione di Malthus dx/dt = x è univocamente
deftnita dalle condizioni iniziali (cioè le curve integrali corrispondenti nel piano (x,t) non si intersecano
l’una con l’altra). Questa conclusione del modello matematico ha scarsa rassomiglianza con la realtà. Un esperi
mento al calcolatore dimostra che tutte queste curve integrali hanno punti in comune sul semiasse t negativo.
Per esempio, infatti, le curve con condizioni iniziali x(O)=O e x(O)=1 praticamente si intersecano a t=-IO e a
t=-IOO: non si può infilare nemmeno un atomo fra di loro. Le proprietà dello spazio a distanze cosÌ piccole non
sono descritte affatto dalla geometria euclidea. L’applicazione del teorema di unicità in questa situazione
ovviamente va oltre l’accuratezza del modello. Questo deve essere rispettato nelle applicazio ni pratiche del
modello, altrimenti ci si può trovare a dovere affrontare guai seri.
Vorrei notare, tuttavia, che lo stesso teorema di unicità spiega perché l’ultimo stadio dell’attracco di una nave al molo viene ese guito manualmente: se la velocità di avvicinamento fosse definita come funzione regolare (lineare) della distanza, nel virare il pro cesso di attracco richiederebbe un intervallo di tempo infinitamente lungo. Un’alternativa è un urto col molo (attutito da opportuni corpi non elastici). Tra l’altro, si è dovuto affrontare seriamente questo problema nell’atterraggio dei primi veicoli spaziali sulla Luna e su Marte, e anche nell’aggancio alle stazioni spaziali - qui il teorema di unicità lavora contro di noi.
Sfortunatamente, non si incontra nessuno di questi esempi nei libri di matematica moderni, anche nei migliori, e nemmeno una discussione sul pericolo di trasformare i teoremi in feticci. Addirittura ho riportato l’impressione che i matematici scolastici (che co noscono poco la fisica) credano in una differenza essenziale fra la matematica assiomatica e la modellizzazione che si fa nelle scienze della natura e che sempre richiede il controllo successivo delle deduzioni tramite esperimenti.
Senza nemmeno ricordare il carattere relativo degli assiomi iniziali, non si può dimenticare l’inevitabilità degli errori di logica in ragionamenti lunghi (ad esempio, sotto forma di interruzioni del calcolatore dovute a raggi cosmici o a fluttuazioni quantistiche). Ogni matematico di professione sa che, se non ci si controlla (il modo migliore è tramite esempi), dopo, diciamo, dieci pagine metà dei segni nelle formule saranno sbagliati e i due saranno passati dai denominatori ai numeratori.
La tecnologia per contrastare questi errori è lo stesso controllo esterno tramite esperimenti e osservazioni in uso in ogni scienza sperimentale e dovrebbe essere insegnato fm da subito agli studenti nelle scuole.
I tentativi di creare una matematica “pura” assiomatico-deduttiva hanno portato al rifiuto dello schema in uso in fisica (osservazione-modello-studio del modello-conclusioni-messa alla prova tramite osservazioni) ed alla sua sostituzione tramite lo schema: definizione teorema-dimostrazione. È impossibile capire una definizione non motivata ma questo non ferma i criminali assiomatizzatori-algebrizzatori. Per esempio, sarebbero pronti a defmire il prodotto fra numeri naturali tramite la lunga regola di moltiplicazione. Con ciò la commutatività della moltiplicazione diventa difficile da dimostrare ma è ancora possibile dedurla come teorema dagli assiomi. È quindi possibile costringere i poveri studenti a imparare questo teorema e la sua dimostrazione (allo scopo di innalzare tanto lo standard della scienza quanto quello delle persone che la insegnano). È ovvio che tali definizioni e tali prove possono solo danneg giare l’insegnamento e la pratica.
È possibile capire la commutatività della moltiplicazione solo contando e ricontando i soldati per righe o per colonne o calcolan do l’area di un rettangolo nei due modi. Ogni tentativo di fare a meno di questa interferenza della fisica e della realtà sulla matematica è settarismo e isolazionismo che distrugge l’immagine della ma tematica come attività umana utile agli occhi di qualsiasi persona di buon senso.
Svelerò ora qualche altro segreto simile (nell’interesse dei poveri studenti). Il determinante di una matrice è il volume (orientato) del parallelepipedo i cui spigoli sono le sue colonne. Se si racconta agli studenti questo segreto (che viene accuratamente nascosto nella formazione algebrica purificata), allora l’intera teoria dei deter minanti diventa un chiaro capitolo delle forme multilineari. Se i determinanti vengono defIniti in altro modo, allora qualsiasi persona di buon senso odierà per sempre i determinanti, gli Jacobiani e il teorema delle funzioni implicite.
Che cos’è un gruppo? Gli algebristi insegnano che dovrebbe essere un insieme con due operazioni che soddisfano un carico di proprietà facili da dimenticare. Questa definizione provoca una protesta naturale: perché una persona di buon senso dovrebbe avere bisogno di queste due operazioni? “Oh, accidenti ai matematici” - conclude lo studente (che forse diventerà Ministro della Ri cerca Scientifica nel futuro) .
Otteniamo una situazione totalmente differente se partiamo non dal gruppo ma dal concetto di trasformazione (un’applicazione uno a uno di un insieme su se stesso), come fu storicamente. Una collezione di trasformazioni di un insieme si chiama gruppo se assieme a due trasformazioni qualsiasi contiene il risultato della loro applicazione consecutiva e una trasformazione inversa assieme ad ogni trasformazione.
Questo è tutto quello che c’è nella definizione. I cosiddetti “assiomi” sono in realtà solo delle proprietà (ovvie) dei gruppi di trasformazioni. Ciò che gli assiomatizzatori chiamano “gruppi astratti” sono solo gruppi di trasformazioni di vari insiemi considerati a meno di isomorfismi (che sono applicazioni uno a uno che conservano le operazioni). Come dimostrato da Cayley, non ci sono altri “gruppi astratti” al mondo. Allora perché gli algebristi continuano a tormentare gli studenti con la defrnizione astratta?
Tra l’altro, negli anni ‘60 ho insegnato teoria dei gruppi agli scolari di Mosca. Evitando l’assiomatica e
rimanendo il più vicino possibile alla fisica in metà anno sono arrivato al teorema di Abel sulla irresolubilità
per radicali di un’equazione generale di grado cinque (avendo nel frattempo insegnato ai ragazzi i numeri
complessi, le superficie di Riemann, i gruppi fondamentali e i gruppi di monodromia delle funzioni algebriche).
Questo corso fu in seguito pubblicato da uno degli studenti, V. Alekseev, col titolo Il teorema di Abel in
problemi.
Che cos’è una varietà regolare? In un libro americano recente ho letto che Poincaré non conosceva questa nozione (da lui stesso introdotta) e che la definizione “moderna” era stata data da Veblen verso il 1930: «una varietà è uno spazio topologico che soddisfa una lunga serie di assiomi».
Per quali peccati debbono gli studenti cercare di passare attraverso tutti questi contorcimenti e svolte? In realtà, nell’Analysis Si tus di Poincaré c’è una defrnizione assolutamente chiara di varietà regolare molto più utile di quella “astratta”.
Una sottovarietà regolare a dimensione k dello spazio euclideo RN è un suo sottoinsieme che nell’intorno di ogni
suo punto è il gra fico di un’applicazione regolare di Rk in RN-k (dove Rk e RN-k sono sottospazi coordinati).
Questa è una gene,ralizzazione diretta delle curve regolari più comuni nel piano (ad esempio, della
circonferenza x2+y2",1) o delle curve e superfici nello spazio tridimensionale.
Si possono definire in modo naturale applicazioni regolari fra varietà regolari. I diffeomorfismi sono applicazioni che risultano regolari, assieme alle loro inverse. Una varietà regolare “astratta” è una sottovarietà regolare di uno spazio euclideo considerata a meno di diffeomorfismi. Non ci sono al mondo varietà a dimensione finita “più astratte” (teorema di Whitney). Perché continuiamo a tormentare gli studenti con la definizione astratta? Non sarebbe meglio dimostrare loro il teorema sulla classificazione esplicita del le varietà bidimensionali chiuse (superfici)?
È questo meraviglioso teorema (che afferma, per esempio, che ogni superficie compatta, connessa e orientata è una sfera con dei manici) che dà un ‘impressione corretta di ciò che la matematica moderna è e non le superastratte generalizzazioni di semplici sotto varietà di uno spazio euclideo che in realtà non dicono niente di nuovo e sono presentate come grandi acquisizioni dagli assiomatizzatori.
Il teorema della classificazione delle superfici è un’acquisizione della matematica di classe eccelsa, confrontabile con la scoperta dell’America o con quella dei raggi X. Questa è una scoperta genuina della matematica come scienza della natura ed è anche difficile dire se il fatto in sé sia attribuibile più alla fisica che alla matematica. Nel suo significato, sia per le applicazioni che per l’elaborazio ne di una Weltanschauung corretta, esso sorpassa di gran lunga “acquisizioni” della matematica come la dimostrazione dell’ultimo teorema di Fermat o la dimostrazione del fatto che ogni intero sufficientemente grande può essere rappresentato come la somma di tre primi.
Spesso, a scopo pubblicitario, i matematici moderni presentano queste acquisizioni sportive come l’ultima parola nella loro scienza. Comprensibilmente questo non solo non contribuisce all’ apprezzamento della matematica da parte della società ma, al contrario, cau sa una salutare sfiducia sulla necessità di sprecare energie in simili pratiche (del tipo arrampicata libera sulle rocce) con simili questioni esotiche che nessuno vuole e di cui nessuno sente la necessità.
Il teorema di classificazione delle superfici avrebbe dovuto essere incluso nei corsi di matematica per i licei (probabilmente senza la dimostrazione) ma per qualche ragione non lo si fa nemmeno nei corsi universitari di matematica (dai quali in Francia, tra l’altro, tutta la geometria è stata bandita negli ultimi decenni).
Il ritorno dell’insegnamento matematico a tutti i livelli dalle chiacchiere scolastiche alla presentazione di questo importante dominio delle scienze della natura è un problema particolarmente attuale in Francia. Sono rimasto stupito dal fatto che tutti i libri migliori e più importanti nell’approccio metodologico alla matematica sono quasi ignoti agli studenti qui (e, mi sembra, non sono stati nemmeno tradotti in francese). Fra questi annovero Numeri e figure di Rademacher e Toeplitz, Geometria e intuizione di Hilbert e Cohn-Vossen, Cos’è la matematica di Courant e Robbins, How to solve it e Matematica e ragionamento plausibile di Polya, Sviluppo della matematica nel XIX secolo di F.Klein.
Ricordo bene quale impressione fortissima fece su di me quando ero studente il corso di calcolo infinitesimale di Hermite (che non esiste in traduzione russa!).
Vi comparivano le superfici di Riemann, credo, in una delle prime lezioni (tutta l’analisi era, naturalmente, complessa, come do vrebbe essere). Si studiava l’andamento asintotico degli integrali per mezzo delle deformazioni dei contorni sulle superfici di Riemann in conseguenza del moto dei punti di diramazione (oggi gior no, chiameremmo ciò teoria di Picard-Lefschetz; Picard, tra l’altro, era il genero di Hermite -le capacità matematiche sono spesso trasferite ai generi: la dinastia Hadamard - P. Levy - L. Schwartz , U. Frisch è un altro famoso esempio all’Accademia delle Scienze di Parigi).
Il corso “obsoleto” di Hermite di un secolo fa (oggi probabilmente bujttato fuori dalle biblioteche delle università francesi) era molto più moderno di questi noiosissimi testi di calcolo infinitesimale con i quali gli studenti vengono tormentati oggi giorno.
Se i matematici non ritornano in loro, i consumatori che hanno conservato la necessità di una teoria matematica moderna (nel senso migliore della parola) cosÌ come l’immunità (caratteristica di ogni persona di buon senso) alle inutili chiacchiere assioma tiche finiranno col rifiutare i servigi della scolastica incolta sia nelle scuole secondarie che nelle università.
Un insegnante di matematica che non sia entrato in contatto con almeno alcuni dei volumi del corso di Landau e Lifshitz diventerà un relitto come quelli che oggi non conoscono la differenza fra insiemi aperti e insiemi chiusi.
Alcune Opere di V.I. Arnold:
- Metodi geometrici della teoria delle equazioni differenziali ordinarie
- Metodi matematici della meccanica classica
- Teoria delle catastrofi
- Yesterday and long ago - Io e la Matematica
- Experimental Mathematics
- Lectures and Problems: A Gift to Young Mathematicians
- Mathematical Understanding of Nature: Essays on Amazing Physical Phenomena and Their Understanding by Mathematicians
- Huygens and Barrow, Newton and Hooke: Pioneers in mathematical analysis and catastrophe theory from evolvents to quasicrystals
- The Theory of Singularities and Its Applications